Jezero potrebbe essere stato un ambiente perfetto per ospitare forme di vita elementari: esso è ricco di minerali carbonati, che possono avere una natura biotica (ricordiamo che il Carbonio è un elemento basilare per la formazione di molecole organiche e del DNA) ma anche semplicemente chimica (il processo di cattura della CO2 atmosferica da parte degli oceani e la sua fissazione sui fondali). L’obiettivo ultimo di Perseverance è trovare la vita, anche passata!
Non di minor importanza saranno l’osservazione e la determinazione dei processi di interazione tra la superficie e l’atmosfera, che causano la presenza persistente di polvere e cristalli di ghiaccio in sospensione, lo spostamento di sabbia con il vento e la formazione di accumuli di ghiaccio. Infine, Mastcam-Z sarà cruciale nella selezione dei campioni di roccia da raccogliere per la fase successiva, cioè l’invio di questi campioni sulla Terra, e nello stabilire le condizioni di ‘vivibilità’ di Marte per le future missioni umane sul Pianeta Rosso.»
Ci parli della calibrazione su cui lavori?
«Come tutte le macchine fotografiche che si rispettino, anche Mastcam-Z deve essere ben calibrata. Supponiamo di voler osservare uno stesso campione di roccia e di realizzarne lo spettro di riflettanza (cioè come riflette la luce del Sole nelle varie lunghezze d’onda) in due momenti diversi del giorno: le condizioni di illuminazione solare (e magari anche quelle meteorologiche) sarebbero diverse, quindi otterremmo due spettri diversi, cosa che ci impedirebbe di studiare la composizione del campione in maniera assolutamente obiettiva. Ciò che ci dà la possibilità di risolvere questo problema è un piccolo oggetto quadrato di 10cm di lato, chiamato ‘target di calibrazione’, o anche ‘Cal-target’, ben fissato sul ponte del rover, progettato e assemblato al Niels Bohr Institute dell’Università di Copenhagen. Esso ospita al centro uno gnomone alto 7cm che ha lo scopo di fornire l’altezza del Sole sopra l’orizzonte, circondato da 4 anelli concentrici a gradazioni di grigio e più esternamente da 8 placche circolari colorate (rosso, giallo, verde, blu, nero, grigio scuro, grigio chiaro e bianco). Ognuna di queste placche è stata costruita con materiali ben conosciuti e misurati e negli anni scorsi sono stati realizzati spettri di riflettanza di ognuna di esse in laboratorio in Europa e negli Stati Uniti in una moltitudine di condizioni di illuminazione diverse. Da non dimenticare che questo è il target di calibrazione primario; più in basso sul ponte del rover infatti è fissato un set di calibrazione secondario contenente 7 coppie di placche quadrate.
A questo punto, il concetto è piuttosto intuitivo: siccome un minerale puntato da Mastcam-Z si trova nelle stesse condizioni di illuminazione del Cal-target sulla ‘schiena’ del rover, una volta che Mastcam-Z cattura la foto del minerale nei diversi filtri, va immediatamente a fotografare il Cal-target. Il nostro lavoro consisterà nel confrontare lo spettro del Cal-target montato sul rover con quello misurato in laboratorio (nelle stesse condizioni di luce), in modo da risalire al fattore di differenza tra i due. Successivamente, useremo questo fattore per calibrare lo spettro del minerale marziano. In questo modo avremo la possibilità di confrontare spettri di minerali diversi, ottenuti in condizioni di illuminazione diverse, ma calibrati e quindi fisicamente consistenti tra loro.
Ovviamente questo tipo di lavoro è stato già portato avanti nei laboratori statunitensi negli ultimi 2 anni durante le verifiche su Mastcam-Z da parte del team del responsabile dello strumento, Jim Bell: prima la camera è stata testata con immagini di figure geometriche in bianco e nero (da far venire il mal di testa!), in seguito è stata usata una superficie su cui sono stati posizionati, oltre ai Cal-target originali primario e secondario, anche una griglia con centinaia di placche colorate e alcune decine di campioni di roccia per verificare la corretta calibrazione.»
Marco, raccontaci un po’ di te!
«Ho 29 anni, sono nato e cresciuto in provincia di Parma e fin da bambino ho avuto la passione per l’astronomia.
Dopo il liceo scientifico ho deciso di rendere questa passione il mio lavoro, iscrivendomi alla triennale in Astronomia all’Università di Bologna. Nel 2015, dopo la laurea, mi sono trasferito alla magistrale in Astronomia dell’Università di Padova, spinto dalla mia intenzione di specializzarmi in planetologia.
Nel 2017 ho passato quasi 5 mesi in Erasmus a Liegi, in Belgio, per seguire corsi nell’ambito della fisica dei pianeti e avere una prima esperienza internazionale. L’anno successivo mi sono laureato con una tesi sugli ‘hollows’, peculiari caratteristiche superficiali del pianeta Mercurio dai dati della sonda MESSENGER della NASA.
Nell’estate del 2019 ho trascorso 4 mesi di stage presso il centro di ricerca Latmos, alle porte di Parigi, dove ho accumulato esperienza nell’analisi di immagini di spettri ottenute dallo strumento ACS del Trace Gas Orbiter della missione ExoMars di ESA e Roscosmos. Proprio là ho colto al volo l’opportunità di svolgere il dottorato di ricerca all’Università di Copenhagen: dopo un’estenuante selezione, a fine 2019 mi sono aggiudicato una delle borse Marie Skłodowska-Curie finanziate dall’Unione Europea, ed ora sto lavorando al Niels Bohr Institute come membro del team di calibrazione di Mastcam-Z.»
Com’è lavorare all’estero?
«Vivere e lavorare all’estero (specialmente per un ricercatore) è un’occasione fantastica per arricchire il proprio bagaglio di esperienza, cosa che rimanendo sempre nel proprio Paese è altamente improbabile. In particolare, Copenhagen è una capitale relativamente piccola, accogliente ed efficiente, che ospita tante culture diverse e panorami meravigliosi. Certo, la Danimarca non ha una cultura culinaria come quella italiana o il meteo soleggiato della nostra Penisola, ma compensa con i suoi paesaggi naturali incontaminati e lo spirito rilassato con cui bilancia il lavoro flessibile e il benessere psicofisico.»
Grazie Marco per la tua disponibilità. Ti auguriamo un futuro pieno di soddisfazioni marziane!